Ansia sociale

facing it
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Ecco Facing it!, un toccante cortometraggio che racconta il disagio dell’ansia sociale.

Ma cos’è esattamente l’ansia sociale?

Possiamo sperimentarla un po’ tutti in quelle situazioni dove temiamo il giudizio degli altri, di fare brutta figura, di essere valutati complessivamente inadeguati, quando il nostro corpo manifesta tachicardia, sudorazione, tremori, iperventilazione e desideriamo tanto allontanarci o ritrarci da ciò che ci preoccupa (ad es., un party, un esame universitario, il palco dal quale dobbiamo tenere un discorso, etc.).

Da dove nasce?

Spesso “impariamo” a ritrarci dagli altri a seguito di episodi percepiti come umilianti, di traumi o semplicemente vivendo all’interno di una famiglia iperprotettiva o critica che finisce (involontariamente) per frustrare i nostri bisogni. Un bambino, infatti, di fronte a ripetute critiche ricevute da un genitore può sviluppare l’idea di essere sbagliato, inadeguato, non sufficientemente abile a stare con altri. Egli farà tutto il necessario per garantirsi l’accudimento ed evitare critiche dai propri genitori (e in futuro, dagli altri): imparerà ad essere il bambino perfetto, in ordine e che non dà fastidio, spesso preferirà il silenzio e l’ascolto alla condivisione, nel tentativo di celare le sue imperfezioni, dimenticando infine come vivere la propria (preziosa) autenticità. Tutto per non essere escluso/giudicato da un gruppo, l’eventualità al cui solo pensiero si manifestano i sintomi d’ansia.

Possiamo quindi comprendere facilmente come alcune strategie del momento presente del paziente abbiano avuto una funzione adattiva nel passato, sebbene oggi siano alla base di un disturbo (alla lunga, allontanarmi dagli altri produce l’isolamento sociale e solitudine).

Non sempre è un semplice sintomo

L’ansia sociale alle volte è l’espressione di un quadro patologico di personalità (Disturbo Evitante di Personalità) che si manifesta primariamente con inibizione sociale (specie nelle situazioni interpersonali nuove), sentimenti di inadeguatezza, ipersensibilità al giudizio negativo e timore di critica/umiliazione, riluttanza ad entrare in contatto con gli altri se non si è certi di piacere, etc.

Per alcuni autori, il nocciolo di questo disturbo è il cosiddetto senso di estraneità, che porta l’individuo a percepirsi come un alieno tra terresti – diverso nella sostanza – e ad agire in un modo che conferma le credenze negative su di sé e sul mondo (ad es., me ne sto in disparte durante un party nella speranza che qualcuno attacchi bottone con me; questo fa sì che gli altri mi percepiscano distante/diverso e che non si avvicinino, comportamento che finisco per giudicare la prova della mia inadeguatezza/indesiderabilità).

Come si tratta

La terapia cognitivo-comportamentale propone di ristrutturare le credenze maggiormente disfunzionali, interviene con tecniche utili alla riduzione dei sintomi più invalidanti e propone al paziente di “testare” le aspettative negative sugli altri (ad es., “se mi espongo con autenticità, gli altri mi rifiuteranno/giudicheranno”), allenandosi allo stesso tempo a tollerare l’imbarazzo delle situazioni più difficili.

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